Da oggi iniziamo un percorso assieme a Claudia Giovannelli,
infermiera al CSM di Aprilia, USL di Latina. Una rubrica quindicinale per
ripercorrere la storia dell'assistenza psichiatrica dagli inizi del secolo
scorso ad oggi. Vedremo così come è cambiato il ruolo di assistenza per gli infermieri e per gli altri operatori coinvolti.
Grazie Claudia e Buona lettura a tutti!
"Voglio andare in un manicomio a vedere se la profondità della follia mi spiegherà l’enigma della vita." Soren Kierkegaard
Introduzione
Promuovere
il passaggio dall'infermiere psichiatrico, inquadrato in un ruolo che
definirei passivo (in quanto esecutore di ordini) ad un ruolo attivo (
in grado di formulare proposte e prendere decisioni), è significato
rivoluzionare drasticamente un modo di essere e di porsi. Le difficoltà
al passaggio non sono state solo interne, cioè nella ricerca di un nuovo
modo di essere infermieri, ma soprattutto nello scenario dell’opinione
pubblica e delle altre figure professionali che ci affiancano e che ci
hanno affiancato.
Epoca pre-Basaglia
In
riferimento al Regio Decreto del 16 agosto 1909 n. 615 che novella la
Legge 1904 (che nasce come regolamento dei manicomi ed è il primo "Testo
Unico" delle varie legislazioni frammentarie che costellavano la
materia degli alienati) il personale infermieristico era deputato
soprattutto alla vigilanza.
![]() | |||
| Sala vigilanza del manicomio di Pergine Valsugana, 1910 circa. |
1. saper leggere e scrivere (per tenere aggiornati appositi registri di vigilanza);
2. avere la residenza "nei pressi del manicomio" (la norma poneva l'obbligo continuo di reperibilità).
L’art.
34 responsabilizzava automaticamente gli infermieri nella sorveglianza
dei degenti. Trattandosi infatti di persone ufficialmente etichettate
come pericolose per sé o per gli altri, nei reparti del manicomio non
doveva avvenire alcun incidente, altrimenti l’incriminazione del
personale di turno era pressocchè automatica. Recitava infatti
l’articolo: “… (gli infermieri) rispondono dei malati loro affidati e
della custodia degli strumenti impiegati per il lavoro”. Questo
immediato coinvolgimento giuridico spiega facilmente il rigido
atteggiamento di sorveglianza e custodia che lasciava poco spazio
all’improvvisazione in un tentativo di sciogliere quelle catene.
Nello
stesso articolo è affermato che gli infermieri non possono ricorrere a
mezzi coercitivi se non in casi eccezionali con il permesso scritto del
medico.
Il decreto
distingueva gli infermieri tout court dai sorveglianti (infermieri con
almeno tre anni di servizio e nominati dal direttore del manicomio) che
erano preposti al controllo ed alla verifica del lavoro svolto dagli
infermieri (in pratica quelli che oggi sono i coordinatori).
Il
personale infermieristico veniva assunto con un semplice esame dopo un
corso di preparazione della durata di qualche mese. Di fatto conoscevano
alcuni elementi di base di psichiatria e soprattutto una serie di
nozioni pratiche: come sedare una crisi, mettere le fasce di
contenzione, fare la ‘cravatta’, impedire il verificarsi di fratture nel
corso dell’elettroshock-terapia. Che bloccare la pericolosità del
paziente fosse uno dei primi compiti dell’infermiere era un fatto
scontato, tant’è che sino ad una certa epoca uno dei requisiti richiesti
era l’altezza. Per le donne, il requisito di base che il regolamento di
assunzione prevedeva, era quello di non essere sposate!
Solo
per i medici denominati alienisti, erano assicurate puntuali procedure
garantistiche contro i licenziamenti illegittimi e il periodo di
preavviso, per l'infermiere non vi era alcuna tutela, anzi, il rapporto
di lavoro diveniva stabile solo dopo due anni di lavoro in prova e gli
elementi valutativi si limitano alla verifica dell'attenzione (nel
controllo dei malati) e nello zelo nell'attività lavorativa.
Da
tali norme traspare vivamente la logica alla quale il manicomio era
improntato, la maggior parte di queste norme furono abrogate solo nel
1980 (art. 3 L. 3.6.1980 n. 243) e fino ad allora, se pur vero solo
formalmente, l'infermiere doveva possedere solo un requisito: saper
leggere e scrivere.
Questo
dimostra inequivocabilmente il totale disinteresse che il legislatore o
ancor meglio la comunità ha sempre mostrato nei confronti della classe
infermieristica, e non gli si può dar torto considerato che il medico è
sempre stato il solo punto di riferimento per il malato e la centralità
nel processo di cura.
Claudia Giovannelli
Vedi anche:
Indice:
Introduzione-
Epoca pre-Basaglia -Tentativi
terapeutici nella storia -L’elettoshock -La psicochirurgia -La
piretoterapia malarica -L'Ergoterapia -La contenzione -L’avvento degli
psicofarmaci -La questione etica in Psichiatria -Epoca post-Basaglia.

Nessun commento:
Posta un commento