domenica 23 marzo 2014

STORIA DELL'ASSISTENZA PSICHIATRICA: Epoca pre-Basaglia.

Da oggi iniziamo un percorso assieme a Claudia Giovannelli, infermiera al CSM di Aprilia, USL di Latina. Una rubrica quindicinale per ripercorrere la storia dell'assistenza psichiatrica dagli inizi del secolo scorso ad oggi. Vedremo così come è cambiato il ruolo di assistenza per gli infermieri e per gli altri operatori coinvolti.

Grazie Claudia e Buona lettura a tutti!
  

"Voglio andare in un manicomio a vedere se la profondità della follia mi spiegherà l’enigma della vita." Soren Kierkegaard

Introduzione
Promuovere il passaggio dall'infermiere psichiatrico, inquadrato in un ruolo che definirei passivo (in quanto esecutore di ordini) ad un ruolo attivo ( in grado di formulare proposte e prendere decisioni), è significato rivoluzionare drasticamente un modo di essere e di porsi. Le difficoltà al passaggio non sono state solo interne, cioè nella ricerca di un nuovo modo di essere infermieri, ma soprattutto nello scenario dell’opinione pubblica e delle altre figure professionali che ci affiancano e che ci hanno affiancato.

Epoca pre-Basaglia
In riferimento al Regio Decreto del 16 agosto 1909 n. 615 che novella la Legge 1904 (che nasce come regolamento dei manicomi ed è il primo "Testo Unico" delle varie legislazioni frammentarie che costellavano la materia degli alienati) il personale infermieristico era deputato soprattutto alla vigilanza.
Sala vigilanza del manicomio  di Pergine Valsugana, 1910 circa.


I requisiti culturali per l'accesso erano fondamentalmente due:
1. saper leggere e scrivere (per tenere aggiornati appositi registri di vigilanza);
2. avere la residenza "nei pressi del manicomio" (la norma poneva l'obbligo continuo di reperibilità).
L’art. 34 responsabilizzava automaticamente gli infermieri nella sorveglianza dei degenti. Trattandosi infatti di persone ufficialmente etichettate come pericolose per sé o per gli altri, nei reparti del manicomio non doveva avvenire alcun incidente, altrimenti l’incriminazione del personale di turno era pressocchè automatica. Recitava infatti l’articolo: “… (gli infermieri) rispondono dei malati loro affidati e della custodia degli strumenti impiegati per il lavoro”. Questo immediato coinvolgimento giuridico spiega facilmente il rigido atteggiamento di sorveglianza e custodia che lasciava poco spazio all’improvvisazione in un tentativo di sciogliere quelle catene.
Nello stesso articolo è affermato che gli infermieri non possono ricorrere a mezzi coercitivi se non in casi eccezionali con il permesso scritto del medico.
Il decreto distingueva gli infermieri tout court dai sorveglianti (infermieri con almeno tre anni di servizio e nominati dal direttore del manicomio) che erano preposti al controllo ed alla verifica del lavoro svolto dagli infermieri (in pratica quelli che oggi sono i coordinatori).
Il personale infermieristico veniva assunto con un semplice esame dopo un corso di preparazione della durata di qualche mese. Di fatto conoscevano alcuni elementi di base di psichiatria e soprattutto una serie di nozioni pratiche: come sedare una crisi, mettere le fasce di contenzione, fare la ‘cravatta’, impedire il verificarsi di fratture nel corso dell’elettroshock-terapia. Che bloccare la pericolosità del paziente fosse uno dei primi compiti dell’infermiere era un fatto scontato, tant’è che sino ad una certa epoca uno dei requisiti richiesti era l’altezza. Per le donne, il requisito di base che il regolamento di assunzione prevedeva, era quello di non essere sposate!
Solo per i medici denominati alienisti, erano assicurate puntuali procedure garantistiche contro i licenziamenti illegittimi e il periodo di preavviso, per l'infermiere non vi era alcuna tutela, anzi, il rapporto di lavoro diveniva stabile solo dopo due anni di lavoro in prova e gli elementi valutativi si limitano alla verifica dell'attenzione (nel controllo dei malati) e nello zelo nell'attività lavorativa.
Da tali norme traspare vivamente la logica alla quale il manicomio era improntato, la maggior parte di queste norme furono abrogate solo nel 1980 (art. 3 L. 3.6.1980 n. 243) e fino ad allora, se pur vero solo formalmente, l'infermiere doveva possedere solo un requisito: saper leggere e scrivere.
Questo dimostra inequivocabilmente il totale disinteresse che il legislatore o ancor meglio la comunità ha sempre mostrato nei confronti della classe infermieristica, e non gli si può dar torto considerato che il medico è sempre stato il solo punto di riferimento per il malato e la centralità nel processo di cura.

Claudia Giovannelli

Indice:
Introduzione- Epoca pre-Basaglia -Tentativi terapeutici nella storia -L’elettoshock -La psicochirurgia -La piretoterapia malarica -L'Ergoterapia -La contenzione -L’avvento degli psicofarmaci -La questione etica in Psichiatria -Epoca post-Basaglia.

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