domenica 18 maggio 2014

STORIA DELL'ASSISTENZA PSICHIATRICA: La piretoterapia

Per lungo tempo si è creduto che i 'deliri' potessero essere contrastati con le crisi compulsive; ed ecco accanto all'elettroshock una terapia più 'naturale': l'iniezione della malaria...
Buona lettura!

 Julius Wagner-Jauregg 1857-1940

La piretoterapia è una terapia di shock (sull'uso delle convulsioni nella schizzofrenia vedi: L'elettroshock' ) che si basa sull’aumento artificiale della temperatura corporea che induce crisi convulsive con scosse tonico-cloniche.
Già Ippocrate, nel IV secolo a. C., rileva la favorevole influenza delle occasionali malattie febbrili intercorrenti sull'evoluzione delle malattie mentali e ritiene che l'azione benefica della febbre sia uno dei grandi mezzi di guarigione impiegati spontaneamente dalla natura. Tale opinione è stata condivisa da una interminabile schiera di medici dall'epoca ippocratica al secolo scorso, finché Nasse nel 1868 segnala per primo che la febbre malarica, come mezzo terapeutico per curare la cosiddetta "demenza paralitica progressiva" è da preferirsi a ogni altra malattia febbrile trasmissibile. Stimolato da queste acquisizioni, lo psichiatra austriaco Wagner von Juaregg nel 1887 inizia con scrupoloso metodo scientifico ad indurre uno stato febbrile in pazienti affetti da sifilide cerebrale terziaria, inoculando germi dell'erisipela, tubercolina, vaccini vari ed altro senza ottenere risultati soddisfacenti. Finalmente nel 1917, provando l'inoculazione della malaria terzana benigna (da plasmodium vivax, protozoo trasmesso dalla zanzara anofele), riesce ad ottenere dei risultati decisamente positivi. Wagner von Juaregg, avendo osservato come la malaria terzana benigna possa rappresentare un mezzo terapeutico rapido e poco pericoloso, in base ai risultati favorevoli ottenuti (guarigioni complete e durature), continuò con tenacia la sperimentazione specifica e, trattando oltre duemila casi, riuscì a dare un impulso formidabile a questo tipo di terapia, che in pochi anni si diffuse in tutto il mondo tanto da fargli conferire nel 1927 il premio Nobel. Questa terapia dal 1944 in poi è caduta progressivamente in disuso per l'avvento della penicillina, che si è subito mostrata particolarmente efficace contro il treponema pallido, l'agente specifico della sifilide. Tuttavia in casi resistenti l'iperpiressia, però indotta con sulfoidol o con particolari vaccini, si è continuata a praticare, al solo scopo di favorire il passaggio della penicillina attraverso la barriera ematoencefalica, con risultati sorprendenti.
L'inoculazione del parassita malarico veniva effettuato o tramite iniezione endovenosa di sangue prelevato da un soggetto malarico all'inizio di un accesso febbrile, oppure utilizzando zanzare anofele allevate in appositi laboratori. Queste zanzare, chiuse in gabbiette di tulle con armatura di filo metallico, erano messe a contatto della cute di un soggetto malarico. Dopo una trentina di giorni, a scopo terapeutico venivano poste in contatto con la cute del soggetto da malarizzare. La malaria era curata con terapia specifica dopo dieci-quindici accessi febbrili di 39/40°, dopo di che veniva bloccata con il Chinino. Solo successivamente gli accessi febbrili e conseguenti crisi convulsive, vennero provocati con mezzi più maneggevoli, quali sostanze proteiche e vaccini.
Le controindicazioni alla piretoterapia si limitavano alle gravi affezioni cardiache, renali ed epatiche, nonché agli stati cachettici di qualsiasi eziologia.

Claudia Giovannelli, Infermiera CSM Aprilia, USL Latina

Vedi anche: 

Indice:
Epoca pre-Basaglia -Tentativi terapeutici nella storia -L’elettoshock -La psicochirurgia -La piretoterapia malarica -L'Ergoterapia -La contenzione -L’avvento degli psicofarmaci -La questione etica in Psichiatria -Epoca post-Basaglia.

Nessun commento:

Posta un commento