domenica 12 ottobre 2014

LA CURA COME INVENZIONE DEL QUOTIDIANO - Francesco Stoppa (Parte 2)

In queste settimane vi proporremo, suddiviso in parti, un articolo del Dott. Stoppa.. Da leggere come fosse un racconto ma da vivere con l'intensità di una scoperta!

Buona lettura!




E quando le viene un po' provocatoriamente chiesto se non pensa troppo a se stessa, la paziente, con decisione, afferma:

"Non è così! Penso a un qualche cosa di cui ciascun essere umano ha bisogno. Senza questo qualche cosa non è assolutamente possibile vivere."

Non è quindi possibile vivere, ci dice Anna, senza un sentimento del quotidiano. D'altronde non sarebbe possibile per nessuno. Ma, al di la del fatto che ogni frase meriterebbe che noi la commentassimo e che quello che Anna dice conferma che i nostri primi maestri di psichiatria sono i pazienti stessi, è importante soffermarsi su alcuni punti salienti.
Ad esempio, cosa ci dice Blankenburg, cosa ha imparato da questa come da altri pazienti?
1) La psicosi è un disturbo - dice - del loro essere-uomini, e il loro disturbo fondamentale consta in una "mancanza di terreno basale". Scrive, ad esempio, di Anna: "Intensamente colpita e iperstimolata da tutto ciò che le accadeva, appariva del tutto priva di difese, come se ogni evento imprevisto comportasse l'aprirsi di una breccia persistente nell'organizzazione strutturale della sua personalità. Era dominante una rigidità reattiva rispetto alle sollecitazioni permanenti che traevano origine dal quotidiano più banale, e anzi precisamente da quest'ultimo".
2) Il danno, prima ancora di situarsi a livello della realtà esteriore o di quella del mondo interno o della percezione del proprio corpo, è un danno della "realtà interumana", che comporta una fragilità o una perdita dello stare, un'atrofia o una rottura della fiducia.
3) La cura di questi pazienti deve mirare in primo luogo non tanto a "progetti del mondo o di sè", quanto a produrre una "trasformazione del loro sentirsi situati".
Sintetizzando la psicosi sarebbe la manifestazione di un danno alla strutturazione soggettiva di base che ha per conseguenza l'impossibilità di costruire un senso di familiarità con il mondo e con gli altri.




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