In queste settimane vi proporremo, suddiviso in parti, un articolo del Dott. Stoppa.. Da leggere come fosse un racconto ma da vivere con l'intensità di una scoperta!
Buona lettura!
Attenzione però, di quale realtà parliamo quando ne invochiamo la centralità nel processo di cura? E' un punto decisivo. Forse i meno giovani ricordano come un tempo - ma forse ancor oggi - si insistesse molto sul concetto di "prova di realtà" o si enfatizzasse il valore terapeutico del reinserimento sociale e del lavoro. Bene, in tale accezione, "realtà", a mio avviso, ha già un connotato indigesto, per l'esattezza assume un tratto superegoico: " Vediamo se il tuo delirio e le tue paure tengono davanti alla prova dei fatti.... Riconosci dunque la realtà, piegati alle sue esigenze!"; oppure (versione più politicamente corretta): "Vedrai che il buon incontro con la società, col mondo reale, la produttività, gli altri, scioglierà come neve al sole il tuo dolore e la tua paura della vita". Credo che qui possiamo capire bene la preoccupazione di Sassolas che gli operatori condividano una certa concezione della complessità delle cose e del loro compito, proprio per evitare di ristagnare in visioni ideologiche o ingenue della sofferenza psichica.
Dobbiamo prestare attenzione, nella cura della psicosi, a non tradurre immediatamente il fattore politico sul piano del reinserimento, della cosiddetta inclusione sociale del paziente. Il gradiente culturale, politico, del nostro lavoro passa per ben altro, per qualcosa si più radicale e basico: come costruire le condizioni per una riabitabilità della realtà, in particolare dei legami sociali. Realtà non è, il qui, "la società", il lavoro, la produttività, le regole, il buon adattamento, l'igiene, ma è un campo simbolico nel quale ciascuno è chiamato a realizzare la propria umanizzazione (antropopiesi direbbero gli antropologi). Come dice Anna si diventa uomini. E certamente lo psicotico è qualcuno che incontra particolari difficoltà in questa operazione che, per dirla qui in breve, ha a che fare con la possibilità di abitare in termini sufficientemente creativi il proprio nome e il proprio corpo all'interno di una certa storia.

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